Giardino Giusto Monaco
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Luca Ciampallari
11 contributions
Jan 2019 • Solo
14/02/2019
Si tratta di un giardino di piccola estensione come chiaramente evidente dedicato a questo Signore, Giusto Monaco.
La piccola estensione come il luogo su cui sorge non favoriscono un giudizio positivo per ciò che riguarda il clima che si respira; e questo proprio a causa del passaggio di quante vetture si fanno spesso insidiose più che mai alla sperata pace richiesta in luoghi come questi.
Tuttavia il giardino invita, e lo fa da fuori, agli occhi del passante, come lo ha fatto con me, davanti alla promessa di varcarlo prima o poi quel cancello.
Più volte mi son chiesto le ragioni di questa penuria palpabile di gente tra le sue panchine, dandomi come risposta il fatto che più che un luogo che chiami per la gioia come il fasto di cui un giardino Inglese è capace, lo fa invece con la pretesa di attrarre, ma forse l'opposto nel vero, il passante col suo canto funebre...
In altre parole è chiaramente già dall'esterno, prima di varcare la soglia, respirabile dentro come il clima derivante dalla stessa ragione per cui il parco fu fondato... Dando il sentore nell'animo più di una cappella del defunto che di un vero e proprio giardino per il prossimo. Come qualcosa di finalizzato niente che a se stesso, o al parente, l'amico che si vuol onorare con l'omaggio... Toccando così la sorte della statua, quale può essere quella al generale, più del dovuto, forse, ignorata; proprio perché fine, come fine a se stessa, ed al ricordo che lascia più in ombra il cittadino quanto meno il parente, dove l'effigie brilla più di una statua, e dove la statua non si fa morte inespressiva, ma vivezza nel ricordo, nell'aver vissuto come conosciuto quella effigie in carne ed ossa.
Come una cappella, allora, di famiglia; per i soli parenti, come conoscenti. E' forse questo il sentimento che ti fa varcare quella soglia niente che in punta in punta di piedi, con quel rispetto che solo una lapide bianca e funerea, di morte, conosce.
Sarà allora, mi son detto, niente che disprezzo ancora per sorella morte, niente che quest'area funebre ad allontanare il passante, il cittadino, il bighellonante che cerca allora una svago dai suoi stessi affanni, come la consapevolezza quasi quanto vano questa corsa inarresa, davanti a lei, sorella morte ad attenderlo.
Un po' allora ragione assimile a ciò che spinge lontano la scapestrato dai luoghi di culto di sorella morte, dai cimiteri, dai funerali, invitandolo alla luce, lontano dall'ombra; al caos cittadino, alle sue attrazioni, ai suoi locali, o al semplice oziare sotto un raggio fecondo che chiama alla vita, e ne produce, ne genera, senza sosta, senza tregua; lasciandoci illusi di poter sempre varcare la soglia di un destino vivo, e che come una ombra ci segue nascosto, davanti a un occhio non che non veda ma che non vuole... per paura, per ignoranza... per intolleranza verso noi stessi, questa carne, lo stesso spirito, come destino, il nostro; di un Amore viscerale, reale e sottratto alla vita, a questi occhi per farsi eterno nell'oblio, sotto, nelle viscere; e allora figlio della notte, su manti di stelle, perla rara agli occhi per farsi tesoro, tesoro nel cuore...
Anche la cura del giardino si fa metafora del parente che pulisce la lapide del defunto. Ma prodigo allora, non come chi fa la comparsa di un attimo, per poi sparire, e tornare magari all'anno prossimo, in occasione della risaputa commemorazione, il primo novembre...
Nessun ramo scomposto, gli aranceti fecondi e prodighi di frutti presto destinati alla terra, come i fusti di raccolta di quanto intralcia ora il passaggio, come la perfezione, la perfettibilità di quest'area agli occhi dell'uomo. Nessuna foglia fuori posto. E' tutto così perfetto. Che anche la chiusura anticipata, sottraendone al pubblico, si fa spesso necessità di salvaguardia di qualcosa che ha tutto dell'aria del privato che del comunale come l'insegna all'ingresso cerca di convincere, di comunicarci.
La cosa che colpisce di questo parco, di questo giardinetto, sono una serie di paletti che dal terreno emergono come funghi, e che illustrano una serie di incisioni prese a prestito dai nostri classici, filosofi come drammaturghi... e che hanno lo scopo di commemorare ancora l'opera del defunto, cultore, professore e amante del teatro, come di poesia antica, classici greci e latini.
Se armati di buona volontà come curiosità è possibile iniziare già dall'ingresso questo giro tra le pagine dei nostri classici, questi squarci, così belli e fecondi, qualcuno un po' meno, ma solo per gusto personale... Io l'ho fatto e l'ho trovato arricchente, interessante, ma come gioa, poesia di un attimo, che non conferma il mio invito di ripestare quel suolo... Come se l'anima del defunto volesse stare da solo nella sua dimora, a scapito del parente, del conoscente e della cerchia, che vanitosa, si fa vanto sulla sua stessa pelle, togliendo il lucchetto da quelle inferriate... E allora ti concede un attimo, solo un attimo di ciò che non è suo, di ciò di cui lui stesso si è nutrito, come perla da portare, lontano, e mai più far ingresso oltre quella soglia, nella casa del defunto.
Mi piace tutto questo, questa atmosfera, che forse la mia mente, e solo lei capace di creare, dipingere, come l'artista il suo soggetto. E forse dispiacerebbe a questi occhi, finanche, di vedere gremito quel posto, come dispiacerebbe un cimitero pieno di gente, e che deturpa la pace imposta, ambita dal nostro volere starcene in intimità con la morte; assaporarla, ascoltarla, annusarla; prendervi quasi coraggio nell'accostarsi, e non temerla... Ma amarla, come un pezzo fondamentale di noi, di questa vita; testimonianza d'Amore di un Madre che altrimenti il nulla,
Il sole, la luna, le stelle...
Andate allora, se siete nostalgici, se siete romantici, se amate la poesia come l'ombra e chiaroscuri, di certo apprezzerete questa piccola perla adombrata dall'interesse del comune, che sceglie il verde scottante e lampante sotto al sole a scapito della poesia, che come una perla nella conchiglia si raccoglie per i pochi, come meritevoli, concedendosi come una donna, e mai come di facili costumi...
Prendete e attingete,
e portate via con voi...
Ma soprattutto, donate, provateci...
quanto la vita lascia solo intendere finalizzato al noi, al noi soli...
Figli del Tutto,
Il Tutto...
Ecco... Ecco...
Ecco... Ecco...
[Luca Ciampallari]
Si tratta di un giardino di piccola estensione come chiaramente evidente dedicato a questo Signore, Giusto Monaco.
La piccola estensione come il luogo su cui sorge non favoriscono un giudizio positivo per ciò che riguarda il clima che si respira; e questo proprio a causa del passaggio di quante vetture si fanno spesso insidiose più che mai alla sperata pace richiesta in luoghi come questi.
Tuttavia il giardino invita, e lo fa da fuori, agli occhi del passante, come lo ha fatto con me, davanti alla promessa di varcarlo prima o poi quel cancello.
Più volte mi son chiesto le ragioni di questa penuria palpabile di gente tra le sue panchine, dandomi come risposta il fatto che più che un luogo che chiami per la gioia come il fasto di cui un giardino Inglese è capace, lo fa invece con la pretesa di attrarre, ma forse l'opposto nel vero, il passante col suo canto funebre...
In altre parole è chiaramente già dall'esterno, prima di varcare la soglia, respirabile dentro come il clima derivante dalla stessa ragione per cui il parco fu fondato... Dando il sentore nell'animo più di una cappella del defunto che di un vero e proprio giardino per il prossimo. Come qualcosa di finalizzato niente che a se stesso, o al parente, l'amico che si vuol onorare con l'omaggio... Toccando così la sorte della statua, quale può essere quella al generale, più del dovuto, forse, ignorata; proprio perché fine, come fine a se stessa, ed al ricordo che lascia più in ombra il cittadino quanto meno il parente, dove l'effigie brilla più di una statua, e dove la statua non si fa morte inespressiva, ma vivezza nel ricordo, nell'aver vissuto come conosciuto quella effigie in carne ed ossa.
Come una cappella, allora, di famiglia; per i soli parenti, come conoscenti. E' forse questo il sentimento che ti fa varcare quella soglia niente che in punta in punta di piedi, con quel rispetto che solo una lapide bianca e funerea, di morte, conosce.
Sarà allora, mi son detto, niente che disprezzo ancora per sorella morte, niente che quest'area funebre ad allontanare il passante, il cittadino, il bighellonante che cerca allora una svago dai suoi stessi affanni, come la consapevolezza quasi quanto vano questa corsa inarresa, davanti a lei, sorella morte ad attenderlo.
Un po' allora ragione assimile a ciò che spinge lontano la scapestrato dai luoghi di culto di sorella morte, dai cimiteri, dai funerali, invitandolo alla luce, lontano dall'ombra; al caos cittadino, alle sue attrazioni, ai suoi locali, o al semplice oziare sotto un raggio fecondo che chiama alla vita, e ne produce, ne genera, senza sosta, senza tregua; lasciandoci illusi di poter sempre varcare la soglia di un destino vivo, e che come una ombra ci segue nascosto, davanti a un occhio non che non veda ma che non vuole... per paura, per ignoranza... per intolleranza verso noi stessi, questa carne, lo stesso spirito, come destino, il nostro; di un Amore viscerale, reale e sottratto alla vita, a questi occhi per farsi eterno nell'oblio, sotto, nelle viscere; e allora figlio della notte, su manti di stelle, perla rara agli occhi per farsi tesoro, tesoro nel cuore...
Anche la cura del giardino si fa metafora del parente che pulisce la lapide del defunto. Ma prodigo allora, non come chi fa la comparsa di un attimo, per poi sparire, e tornare magari all'anno prossimo, in occasione della risaputa commemorazione, il primo novembre...
Nessun ramo scomposto, gli aranceti fecondi e prodighi di frutti presto destinati alla terra, come i fusti di raccolta di quanto intralcia ora il passaggio, come la perfezione, la perfettibilità di quest'area agli occhi dell'uomo. Nessuna foglia fuori posto. E' tutto così perfetto. Che anche la chiusura anticipata, sottraendone al pubblico, si fa spesso necessità di salvaguardia di qualcosa che ha tutto dell'aria del privato che del comunale come l'insegna all'ingresso cerca di convincere, di comunicarci.
La cosa che colpisce di questo parco, di questo giardinetto, sono una serie di paletti che dal terreno emergono come funghi, e che illustrano una serie di incisioni prese a prestito dai nostri classici, filosofi come drammaturghi... e che hanno lo scopo di commemorare ancora l'opera del defunto, cultore, professore e amante del teatro, come di poesia antica, classici greci e latini.
Se armati di buona volontà come curiosità è possibile iniziare già dall'ingresso questo giro tra le pagine dei nostri classici, questi squarci, così belli e fecondi, qualcuno un po' meno, ma solo per gusto personale... Io l'ho fatto e l'ho trovato arricchente, interessante, ma come gioa, poesia di un attimo, che non conferma il mio invito di ripestare quel suolo... Come se l'anima del defunto volesse stare da solo nella sua dimora, a scapito del parente, del conoscente e della cerchia, che vanitosa, si fa vanto sulla sua stessa pelle, togliendo il lucchetto da quelle inferriate... E allora ti concede un attimo, solo un attimo di ciò che non è suo, di ciò di cui lui stesso si è nutrito, come perla da portare, lontano, e mai più far ingresso oltre quella soglia, nella casa del defunto.
Mi piace tutto questo, questa atmosfera, che forse la mia mente, e solo lei capace di creare, dipingere, come l'artista il suo soggetto. E forse dispiacerebbe a questi occhi, finanche, di vedere gremito quel posto, come dispiacerebbe un cimitero pieno di gente, e che deturpa la pace imposta, ambita dal nostro volere starcene in intimità con la morte; assaporarla, ascoltarla, annusarla; prendervi quasi coraggio nell'accostarsi, e non temerla... Ma amarla, come un pezzo fondamentale di noi, di questa vita; testimonianza d'Amore di un Madre che altrimenti il nulla,
Il sole, la luna, le stelle...
Andate allora, se siete nostalgici, se siete romantici, se amate la poesia come l'ombra e chiaroscuri, di certo apprezzerete questa piccola perla adombrata dall'interesse del comune, che sceglie il verde scottante e lampante sotto al sole a scapito della poesia, che come una perla nella conchiglia si raccoglie per i pochi, come meritevoli, concedendosi come una donna, e mai come di facili costumi...
Prendete e attingete,
e portate via con voi...
Ma soprattutto, donate, provateci...
quanto la vita lascia solo intendere finalizzato al noi, al noi soli...
Figli del Tutto,
Il Tutto...
Ecco... Ecco...
Ecco... Ecco...
[Luca Ciampallari]
Written February 16, 2019
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